Il rischio dell’ennesima beffa per il Piceno è ormai dietro l’angolo. Una beffa ancor più pesante del previsto se solo si pensa che adesso – oltre a tutto il Sud, Abruzzo incluso – anche l’Umbria rientrerebbe tra le regioni beneficiarie di sgravi contributivi al 30% per tutto il personale delle aziende. Con Ascoli e provincia che, di fatto, resterebbero praticamente circondate da territori molto appetibili per tutte le imprese e con l’ipotesi sempre più concreta di una probabile fuga oltre confine per chi abbia la propria sede da queste parti. Questo perché nel Piceno, di questo passo, ogni lavoratore costerà alle aziende molto di più rispetto all’Umbria e all’Abruzzo, oltreché a tutto il Meridione. E quella che dovrebbe rappresentare una “stampella” molto importante per aiutare l’economia post Coronavirus, di fatto, costituirebbe una vera e propria mazzata ulteriore per Ascoli e hinterland già massacrate da terremoto e Covid nel giro di qualche anno. In parole povere, se entro le prossime settimane la politica di riferimento non eserciterà una forte pressione e se il Governo non aprirà le porte degli sgravi anche alle aziende ascolane, la parola “ripartenza” potrebbe essere definitivamente cancellata dal futuro del Piceno. E potrebbe davvero configurarsi una volta per tutte una massiccia mobilitazione di protesta.
L’articolo che, al momento, fa tremare il territorio ascolano e che aveva sollevato già alcuni giorni fa i timori di alcuni imprenditori e suscitato alcuni interventi politico-istituzionali a livello locale, è il 27 del “decreto agosto” pubblicato sulla Gazzetta ufficiale lo scorso 14 agosto. Articolo che dispone sgravi contributivi sul personale del 30% per le aziende inizialmente individuate nelle regioni del Meridione incluso l’Abruzzo, ma nello specifico, ora indirizzati alle «aziende delle regioni che «nel 2018 hanno registrato un Pil pro capite inferiore al 75% del valore medio dei Paesi Ue, nonché quelle con un Pil compreso tra il 75% e il 90% e un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale». Una scelta che – come confermato dal “Sole 24 Ore” – secondo la relazione tecnica del decreto individuerebbe 9 regioni con queste caratteristiche tra cui figura anche l’Umbria, aggiungendosi ad Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, con un abbattimento del 30% dei costi contributi già da ottobre fino a dicembre 2020 (tredicesima inclusa, ma con la previsione di risorse per sostenere la misura decontributiva fino al 2023.
Dopo l’inserimento umbro nel decreto, è ora il coordinatore provinciale della Lega, Antonini, ad intervenire con un eloquente «ma può essere che questa benedetta nostra terra non se la fili nessuno? Quanto farebbero comodo sgravi così importanti?». Una reazione che arriva dopo le levate di scudi dei giorni scorsi da parte del sindaco Fioravanti e della vice presidente della Regione, Casini, che avevano richiesto a gran voce, rispettivamente, l’inserimento nel provvedimento dell’area di cratere del sisma e dell’Area di crisi complessa. Ma finora nessuna risposta. E tutto questo nonostante il capoluogo ascolano e il circondario, oltre ad essere stati in passato in zona Casmez, rientrino a tutt’oggi nell’area del cratere del sisma del 2016 e anche nell’Area di crisi complessa condivisa proprio con la provincia di Teramo: più beffa di così…