A fronte delle carte tecniche e di quanto avvenuto nell’arco degli ultimi due anni e mezzo, tra terremoto e ulteriori emergenze maltempo come la recente nevicata e le susseguenti piogge, il comitato spontaneo dei residenti di via Po torna a far sentire con forza la propria voce per una situazione che si fa giorno dopo giorno sempre più delicata.
“Dopo i sopralluoghi e le relazioni tecniche che confermavano i rischi per tutto il versante e le abitazioni, – spiegano alcuni esponenti del comitato – è calato il silenzio e nessun intervento è stato effettuato, mentre la situazione sta peggiorando”. “La nostra paura – proseguono – è che la situazione possa precipitare da un momento all’altro, con conseguenze che non vogliamo neppure immaginare. Crediamo che in questa, così come in altre zone nella stessa situazione, occorra intervenire con una messa in sicurezza del versante prima che sia troppo tardi”.
Persone che convivono con l’incubo di crolli e frane ormai da troppo tempo, ma da oltre due anni attendono un intervento di messa in sicurezza specie dopo l’ulteriore aumento dei rischi causato dal terremoto.
Hanno paura che possa succedere il peggio, con quel tufo che scende verso il torrente Chiaro, sotto la vegetazione, che continua a spaccarsi. Proprio sotto le abitazioni. E’ un appello accorato, a quasi 2 anni e mezzo dal sopralluogo effettuato dal geologo Stangoni che rilevava la elevata pericolosità della zona, per avere risposte dall’Arengo affinché si muova qualcosa per evitare il peggio. Considerando che nel frattempo, le temute scosse telluriche che avrebbero potuto aggravare la situazione già definita a rischio idrogeologico elevato, si sono fatte sentire.
Dopo anni di timori, la fase di allerta, per la zona di via Po, prende vigore nel novembre 2014, dopo un sopralluogo dei vigili del fuoco per il maltempo che aveva ulteriormente aggravato la situazione, con un’apposita relazione che era stata inoltrata all’Arengo. L’ispezione di verifica aveva evidenziato, proprio in corrispondenza del torrente Chiaro, una situazione di criticità del terreno, costituito da tufo non più compatto ed in gran parte scivolato lungo il pendio, lasciando pochissimo spazio tra le abitazioni stesse e l’inizio della scarpata. Lasciando intendere l’evidente rischio di vedere messa a repentaglio la stabilità degli edifici sopra la zona in questione. Da qui la decisione di procedere con particolare urgenza all’affidamento dell’incarico ad un geologo per la redazione di un’apposita relazione che evidenziasse, a seguito di ricognizione ed all’analisi, quali e di che gravità fossero le criticità idrogeologiche che coinvolgono il versante di sinistra del Chiaro in corrispondenza dell’agglomerato urbano di via Po. Il geologo incaricato, Sante Stangoni, ha proceduto attraverso un rilievo geologico e geomorfologico dell’area interessata dai dissesti per poi procedere con una relazione sullo scenario della pericolosità e del rischio per la zona.
La relazione di Stangoni, conclusasi con la dichiarazione di zona a rischio 4 (elevata), riporta testualmente che “le aree a pericolosità molto elevata interessano entrambi i versanti del torrente Chiaro che (…) sono luoghi interessati da dissesti classificabili come crolli. A queste zone sono state inoltre associate, per una profondità di 10 metri lineari dl ciglio di scarpata di erosione fluvio-torrentizia, anche le aree pianeggianti di origine alluvionale”. E si sottolinea che “pur se gli orli di scarpata appaiono essere ormai inattivi, in condizioni sismiche potrebbero dar luogo a fenomeni di dissesto con arretramento della scarpata stessa”. Si evidenzia, dunque, il rischio dell’effetto di un terremoto su quella scarpata che già aveva i suoi problemi. E il terremoto, purtroppo, c’è stato.
Contestualmente alla verifica di Stangoni, c’era stata anche quella sulle abitazioni a rischio da parte dell’ingegner Domenico Fiori, che nelle conclusioni della sua relazione scriveva: “La situazione statica del complesso sito in via Po risulta comunque critica, in particolar modo le unità 1,2,3 e 4, in quanto una ulteriore alterazione superficiale in termini arenacei potrebbe innescare cinematismi sulle strutture fondali e sulle sovrastanti murature portanti degli edifici interessati”. E lo stesso ingegnere, scriveva che “altri eventi meteorici, anche non eccezionali, potrebbero dar luogo all’arretramento delle nicchie di distacco con conseguente deterioramento delle fondazioni e connessi crolli delle superiori strutture murarie”. Pareri tecnici, dunque, inequivocabili. E anche nella successiva lettera inviata dal Comune ai proprietari degli immobili si confermava che “eventi meteorologici sfavorevoli ed imprevedibili potrebbero aggravare la situazione…”.