Con il secondo posto nel campionato di serie B del 1973/74 l’Ascoli di Rozzi approdò per la prima volta in serie A. Lo stadio Del Duca era diventato insufficiente per contenere un pubblico sempre crescente e così Rozzi, nella duplice veste di presidente della squadra promossa e imprenditore edile, chiese e ottenne di ampliare lo stadio per portarne la capienza a 34 mila posti. Riuscì a vincere anche quella scommessa. Lo chiamarono “lo stadio dei cento giorni” perché fu completato in soli tre mesi. Fu un’estate di lavoro, quella del 1974. Tra la conquista della promozione e l’inizio del successivo campionato di serie A (il primo dell’Ascoli) c’erano solo tre mesi. Si lavorò anche di notte alla luce dei riflettori: le 24 ore furono coperte con tre turni lavorativi di otto ore ciascuno e ad aiutare quegli operai c’era, idealmente, tutta la gente di Ascoli. Non pochi quelli che, durante i tre mesi, trascorrevano parte del tempo libero al Del Duca, per seguire da vicino i lavori di ampliamento. Lo stadio era diventata quasi una seconda casa, tanto grande e forte era diventato l’affetto degli ascolani per la squadra di calcio che, grazie soprattutto a Costantino Rozzi, aveva saputo superare le barriere dell’anonimato fino a diventare splendida protagonista al massimo livello. Il gruppo Rozzi inoltre realizzò gli stadi Cino e Lillo Del Duca di Ascoli Piceno, Via del Mare di Lecce, Partenio – Adriano Lombardi di Avellino, Ciro Vigorito di Benevento e Nuovo Romagnoli di Campobasso. Presentò un progetto anche per il riammodernamento e la copertura dello stadio Olimpico a Roma in vista dei Mondiali di Italia 90, vinse un altro progetto con costi molto superiori a quelli proposti da Rozzi.