E’ una lenta processione quella che dovrà accompagnare a conclusione dell’iter per l’ottenimento dei contributi e lo sblocco dei cantieri le quasi1500 pratiche ascolane ancora da presentare all’Ufficio per la ricostruzione per altrettanti edifici inagibili. Il tutto con solo 410 pratiche già avviate, in fase avanzata o in alcuni casi già sbloccate relative al capoluogo piceno. Un capoluogo che, ad oggi, fa registrare circa 1900 immobili inagibili e, quindi, da sistemare. Considerando che negli ultimi 20 giorni le nuove pratiche istruite sono state circa 40. E’ chiaro che, con questa media, per arrivare a conclusione (mancandone ancora circa 1500) servirebbero almeno 750 giorni, ovvero circa 2 anni, solo per vedere avviate tutte le istruttorie per le pratiche ascolane. E poi l’apertura dei cantieri e altri anni per la realizzazione e conclusione degli interventi. Un calcolo che, secondo studi dell’Ufficio per la ricostruzione, dovrebbe prevedere un ritorno alla normalità in circa 10 anni. E’ questo, dunque, lo scenario attuale per Ascoli città.
Ma se il dato delle pratiche finora presentate è sicuramente preoccupante, in questo scenario c’è un altro fattore che non lascia dormire sonni tranquilli a tecnici e proprietari di immobili. E’ quello che vede nel capoluogo piceno – stando ai dati forniti dagli uffici comunali – delle tantissime difformità edilizie riscontrate nel 90% degli edifici presenti di cui oltre il 10% sono relative a casi di abusi importanti, per i quali si rischia anche di non poter sbloccare la ricostruzione ed i relativi contributi.
Il tema nel tema, in questa ricostruzione che rischia di far registrare tempi biblici, è infatti anche quello delle difformità e degli abusi veri e propri che erano già presistenti al terremoto in molti palazzi ascolani e che ora rischiano di diventare una vera e propria zavorra sui tempi previsti per risistemare i danni e riportare gli edifici in questione a tornare agibili e ad ottenere i relativi contributi. Con tempi per la presentazione delle pratiche che rischiano di raddoppiare, dovendo prima procedere con sanatorie e solo successivamente presentare la richiesta di contributi per la ricostruzione.
Proprio per le difficoltà legate anche alle difformità edilizie, oltreché alla complessità delle procedure, che l’Arengo ha deciso di suonare una sorta di campanello d’allarme e di rimboccarsi le maniche chiamando a collaborare tutte le categorie tecnico-professionali che dovranno lavorare per l’obiettivo della ricostruzione. Col primo confronto con gli addetti ai lavori che si è svolto a fine settembre (proprio per cercare di capire, in questa prima fase, come ridurre i tempi anche per le centinaia di edifici che dovranno sanare le difformità esistenti, anche per capire come e se sono superabili) si è aperta una fase di stretta sinergia per cercare di trovare sincronismi e un possibile snellimento delle procedure, pur nell’ambito delle farraginose procedure previste.