Con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea per i prodotti italiani agroalimentari (ma non solo) rischia di aprirsi uno scenario problematico che potrebbe costare caro alle eccellenze del “Made in Italy”. Senza un accordo commerciale dettagliato tra le due parti si assisterebbe al ritorno delle frontiere con il conseguente pagamento di dazi e controllo delle merci che provengono dall’Italia.  Ma sono anche a rischio le garanzie sulla tipicità dei prodotti.  Secondo Coldiretti, che ha lanciato l’allarme, a rischio sarebbe il 30% dei prodotti agroalimentari italiani, che corrispondono a forniture stimate pari a circa 3,4 miliardi di euro (nel 2019).  L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall’Unione Europea. In particolare si tratta di 823 prodotti  di cui 299 agroalimentari e 524 vini. Nel sistema risultano inoltre coinvolti circa 200.000 operatori e 283 Consorzi di tutela.  I prodotti enogastronomici con Denominazione della Regione Marche sono 37 di cui 16 prodotti agroalimentari e 21 vini. 
“Affinché si possa salvaguardare il “Made in Italy” agroalimentare è necessario stipulare un accordo nel quale vengano regolate una serie di questioni fonda-mentali per gli scambi commerciali – 
commenta Rosa Mosca, esperta di pro-prie-tà intellettuale dello studio legale di Rödl & Partner – e che non deroghi ad alcuni principi fondamentali dell’agricoltura europea: ovvero la tutela dell’ambiente e della salubrità degli alimenti, la salvaguardia dell’agricoltura in quanto tale, il riconoscimento dell’origine dei prodotti e delle materie prime”.

“Ma non solo – continua l’esperta di Rödl & Partner – il riconoscimento delle indicazioni geografiche protette IGP o denominazione di origine protetta DOP, senza intesa, non sarebbero più garantite sul mercato britannico, con il conseguente avanzamento delle imitazioni e delle contraffazioni delle nostre specialità e il rischio di vendita in Paesi terzi che non rispettano gli standard europei come ad esempio gli USA”.
“In attesa degli auspicati accordi commerciali – 
conclude Rosa Mosca di Rödl & Partner – per ciò che concerne i titoli di privativa quali i marchi collettivi, che informano i consumatori che il produttore dei beni o il fornitore di servizi appartiene a una determinata associazione di categoria e che ha il diritto di utilizzare il marchio, come per esempio il Grana Padano o il Vetro artistico Murano e di certificazione dell’UE, che hanno lo scopo di certificare determinate caratteristiche dei prodotti o dei servizi, ci sarà la possibilità entro 9 mesi dall’uscita definitiva del Regno Unito dall’UE di creare un corrispettivo parallelo marchio nazionale, così da avere una tutela, seppur minima, del prodotti italiani nel Regno Unito”.  Ad esempio il Consorzio di Tutela della la mozzarella di bufala campana DOP, già registrato come marchio collettivo dell’Ue (atto che copre tutti i Paesi intesi come unica area geografica), nel momento in cui si è  concretizzata  l’ipotesi della Brexit, si è attivato tempestivamente provvedendo alla registrazione del marchio collettivo direttamente in Gran Bretagna, ottenendo  il  “Grant of Protection”, ovvero la protezione nel Regno Unito. Grazie a questa azione, esiste dunque una protezione del marchio come titolo di privativa nazionale. Rödl & Partner, con 111 uffici e 4900 collaboratori in 50 Paesi in tutto il mondo, è uno dei maggiori studi professionali multidisciplinari a livello internazionale nelle aree della consulenza legale e fiscale, dei servizi di revisione, della consulenza del lavoro e dei servizi amministrativi in outsourcing. Rödl & Partner è presente anche in Italia, dove oltre 180 professionisti assistono clienti locali ed internazionali.

 

 

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