di Luca Marcolini
C’è qualcuno che, indubbiamente, non ha capito cosa stia davvero succedendo. Persone anziane che girano per la città chiacchierando tranquillamente tra loro, giovani che continuano ad ammassarsi come se niente fosse, cittadini che non rinunciano alla propria passeggiata e magari poi si fermano con conoscenti salutandosi con una bella stretta di mano. Ma soprattutto, come si concilia un decreto governativo che vieta di uscire, con tanto di controlli in strada, se non per motivi di lavoro, di salute o solo per fare la spesa, col fatto che nel frattempo tutte le attività commerciali volendo possono tranquillamente rimanere aperte, seppur con prescrizioni? Che significa? Forse qualcuno mentre si reca al lavoro potrebbe intrufolarsi dall’estetista per un massaggio o dal parrucchiere per un taglio di capelli, poi uscire e infilarsi in un negozio di calzature per indossare un paio di scarpe nuove prima di entrare in ufficio? Qualcosa non quadra e, soprattutto, crea inutile confusione. Adesso le polemiche non servono, ma una cosa è certa: quando non ci si vuole responsabilizzare neppure a costo di rischiare la vita, servono misure drastiche e obbligatorie. Ed ecco che allora forse la medicina migliore sarebbe chiudere tutto, ma davvero tutto a parte la consegna di alimenti a domicilio e lasciando aperti i supermercati (ovviamente con le più idonee precauzioni ) e costringere tutti a stare in casa, con controlli in strada a tappeto – alla faccia di passeggiate o chiacchierate con gli amici – per due settimane. Due settimane con la città “congelata” per uscire fuori dal tunnel. A meno che non si preferisca stare in questa situazione in cui tutti soffrono, un po’ escono e un po’ no, ma con un virus che continuerà a tenerci sotto scacco per mesi e mesi maciullando definitivamente il sistema sanitario e il tessuto sociale, economico e occupazionale?