Sono stati diversi i controlli intrapresi dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno a seguito dell’emanazione del Decreto Legge “Cura Italia” (n. 18 del 17 marzo 2020), anche con riguardo alle attribuzioni all’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro – introdotte dall’art. 15, in via straordinaria e in deroga – di validazione dei dispositivi di protezione individuale (“DPI”) prodotti, importati o immessi in commercio fino al termine dell’emergenza da “Coronavirus”, nel rispetto degli standarddi qualità imposti dal Legislatore.
Per effetto della nuova norma, in deroga alle procedure ordinarie, i produttori (che, dal 4 agosto 2020, per ottenere la “validazione straordinaria e in deroga”, devono avere sede in un Paese dell’Unione Europea), gli importatori e, comunque, tutti coloro che immettono in commercio tali dispositivi, devono inviare al predetto Istituto (qualesoggetto attuatore degli interventi di protezione civile) un’autocertificazione che ne attesti le caratteristiche tecniche ed il loro rispetto dei requisiti di sicurezza previsti dalla normativa vigente, allegando contestualmente la documentazione necessaria per la validazione, che include una relazione descrittiva completa del “DPI” e dell’uso a cui è destinato, rapporti sui test effettuati per verificarne la conformità ai requisiti essenziali di salute e sicurezza e una copia delle istruzioni che, nel caso di prodotti importati, devono essere in lingua italiana e/o inglese.
In considerazione della specifica finalità della norma in argomento, i “DPI” interessati dalla disposizione sono unicamente quelli funzionali a mitigare i rischi connessi all’emergenza sanitaria in corso, individuandosi, quindi, tra questi, quelli idonei a contrastare l’ingresso – ovvero l’uscita – di particelle contagiose, quali talune tipologie di mascherine, occhiali, visiere, guanti monouso, calzari ed indumenti di protezione.
Ed è verso questi prodotti che si è incentrata l’attenzione del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno, che, sulla scorta delle analisi di circostanza, ha individuato due stock di importazioni di mascherine, effettuati da altrettanti imprenditori, risultate non aver ottenuto la validazione di competenza dell’I.N.A.I.L. a causa della non rispondenza alle norme vigenti in materia di sicurezza.
Determinanti, in proposito, le interlocuzioni di intelligenceassunte anche con il Nucleo Speciale Beni e Servizi del Corpo che, con riguardo a tutto il territorio nazionale, sulla scorta delle concertazioni con l’Istituto Superiore di Sanità e lo stesso I.N.A.I.L., provvede ad acquisire tutto il carteggio intercorso con le imprese che hanno inteso avvalersi del regime derogatorio previsto dall’art. 15 del Decreto Legge “Cura Italia” ai fini della produzione, importazione o immissione in commercio di mascherine chirurgiche e dispositivi di protezione individuali, individuando e segnalando, quindi, tutte le situazioni connotate da significativi profili di rischio per l’incolumità della salute e della sicurezza pubblica.
Nel primo caso, le contestazioni delle Fiamme Gialle del Gruppo di Ascoli Piceno sono state rivolte verso un esercizio di commercio all’ingrosso di articoli medicali ed ortopedici della città, il cui rappresentante legale è stato segnalato alla locale Procura della Repubblica in relazione all’importazione e immissione in commercio di 40.000 dispositivi di protezione, acquistati presso due ditte, l’una di Shanghai (Cina) e, l’altra, di Londrina (Brasile) a circa90.000 euro.
Analoga contestazione è stata poi effettuata nei confronti di un’ulteriore impresa di Spinetoli (AP), esercente l’attività di “Confezione in serie di abbigliamento esterno”, importatrice di 9.500 mascherine per bambini, acquistate da una ditta di Shanghai (Cina) per un importo di circa 12.000 euro.
Gli odierni interventi della Guardia di Finanza di Ascoli Piceno, che concorrono anche alla salvaguardia della regolare concorrenza del mercato, al contrasto delle pratiche anticoncorrenziali degli accaparramenti e delle manovre speculative sui prezzi commesse approfittando dell’aumento della richiesta, si inseriscono nel più ampio percorso di protezione in favore della collettività che il Corpo ha intrapreso sin dai primi giorni dell’emergenza epidemiologica, al fine di contribuire efficacemente nel contrastare la diffusione del “Covid-19” e contenerne gli effetti negativi sul tessuto socio-economico nazionale.
Nelle prerogative della polizia economica e finanziaria, gli approfondimenti ispettivi dei militari proseguirannoattraverso il controllo delle scritture contabili obbligatorie delle due imprese, al fine di individuare la sussistenza di eventuali illeciti fiscali connessi alle transazioni commerciali che hanno determinato l’immissione, sul territorio nazionale, delle 50.000 mascherine irregolari.