Questo è il messaggio che Mons. Domenico Pompil, ha inoltrato per la Quaresima 2021 agli ascolani:
– “Onora il padre e la madre”, recita il quarto comandamento. Eppure nel XX secolo noi abbiamo decretato la morte di Dio, prendendo per buono l’annuncio di Nietzsche: la morte di Dio come condizione della nascita del superuomo. D’altra parte lo abbiamo provato tutti: come sentirci al centro del mondo, potenti e invincibili, quando abbiamo un padre che ci dice cosa dobbiamo fare, e soprattutto, conoscendoci, vede benissimo quali sono i nostri punti deboli?
Il ‘parricidio’, anche solo simbolico, ha prodotto però un grande disorientamento, come è ormai evidente. Le forme povere di una cultura senza padri sono state messe a nudo dalla psicanalisi (pensiamo ad autori come Zoja e Recalcati) che ha ricostruito le sue tristi implicazioni: la società della ‘evaporazione del padre’ è una società infantile, egocentrica, capricciosa, che tratta ogni cosa come un giocattolo, che quando ha stancato si rompe. Ma anche le madri non se la passano troppo bene. In particolare la madre per eccellenza, il simbolo della vita in ogni tempo e in ogni cultura: la “madre terra”. Sì, perché dopo Dio padre la nostra ribellione si è estesa alla madre terra. La natura si prende cura di noi perché noi facciamo altrettanto. Ma invece di gratitudine e custodia abbiamo esercitato dominio e sfruttamento, per soddisfare i nostri capricci. Abbiamo pensato che i vincoli di rispetto richiesti da Dio padre e dalla madre terra fossero un inutile giogo alla nostra libertà, un laccio da cui svincolarsi, un inutile freno ad una potenza in continua espansione. Ma così facendo abbiamo immiserito noi stessi, creando un mondo disumano e un ambiente invivibile. Questa autocritica va fatta, non per piangerci addosso. È solo il punto di partenza e non di arrivo.
In realtà, dietro la crisi ecologica si staglia una crisi spirituale ancora più grave, se è vero che “vi sono tante forme di deserto. Vi è il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, vi è il deserto dell’abbandono, della solitudine e dell’amore distrutto. Vi è il deserto dell’oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell’uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi (Benedetto XVI, 24 aprile 2005). La creazione, dunque, è tutt’altro che materia inerte. Anzi, nasce il sospetto che proprio la perdita del senso di Dio abbia finito con il coincidere con una sorta di disincanto rispetto alla terra, ridotta ad una ‘cava di pietra’. Di fatto, l’inizio del mondo moderno segna pure la “fine della natura” e ciò oltre che per ragioni economiche e tecniche, anche per l’immagine di Dio che dal Rinascimento in poi si impone. E’ una concezione unilateralmente centrata sull’onnipotenza divina, cui appartiene il mondo, dal quale si distacca tuttavia nettamente perché l’Onnipotente è colto nella sua trascendenza inaccessibile E così a fronte di un Dio pensato senza il mondo, si staglia un mondo concepito senza Dio, e quindi privo del suo mistero. Per contro, riscoprire la sapienza biblica conduce a ritrovare con chiarezza che la creazione è il primo passo dell’alleanza tra Dio e l’uomo. Come pure evidenziato efficacemente da papa Francesco: “Ogni creatura è oggetto della tenerezza del Padre, che le assegna un posto nel mondo. Perfino l’effimera vita dell’essere più insignificante è oggetto del suo amore, e in quei pochi secondi di esistenza, Egli lo circonda con il suo affetto. Diceva san Basilio Magno che il Creatore è anche «la bontà senza calcolo», e Dante Alighieri parlava de «l’amor che move il sole e l’altre stelle». Perciò, dalle opere create si ascende «fino alla sua amorosa misericordia» (LS 77).
Nella prossima Quaresima speriamo di cominciare ad uscire dalla pandemia che ha quantomeno confermato una relazione sistemica tra l’uomo e l’ambiente. E cerchiamo di imparare a vivere secondo lo stile di vita delineato dalla “Laudato sì” di papa Francesco, laddove si parla di ecologia integrale. Se, infatti, questi problemi giganteschi non diventeranno punto di partenza per un impegno più deciso da parte di noi cristiani, la chiesa del futuro non sfuggirà alla critica di fariseismo. –
Mons. Domenico Pompili
Vescovo di Rieti e Amministratore Apostolico di Ascoli Piceno