di Luca Marcolini
Le note diventano farfalle che, alla fine, regalano tridimensionalità ad un’autentica opera d’arte musicale e scendono giù fino a fondersi con la vibrante voglia del pubblico ascolano di lasciarsi andare. Mai come stavolta Dardust, al secolo mister Dario Faini, straordinario alchimista delle emozioni sonore, riesce a confezionare con raffinatezza e la solita immancabile creatività un progetto artistico “live” con una grande anima e una forza attrattiva unica già dalla data zero. Quella della sua Ascoli. “Storm and drugs”, atteso proprio per la continua evoluzione del percorso di ricerca e sperimentazione cui Dardust ci ha abituato, è sorprendente per la sua capacità di prendere per mano lo spettatore e accompagnarlo, grazie ad una forma d’architettura sonora che stravolge canoni e impalcature musicali stereotipate (i tamburi, grazie agli ottimi musicisti, diventano spesso efficaci contrappunti al servizio della tessitura armonica), dalla quiete del cuore al battito pulsante della vita. La quiete prima della tempesta, per poi andare oltre.
E proprio il passaggio focale, sorretto sapientemente da un registro quasi onomatopeico con tuoni, fulmini e visioni pseudo-oniriche, diventa il momento-choc del live show. Quello in cui si cambia verso, come il magico pianoforte di Dardust che ruota su se stesso (e qui esce fuori lo spirito dell’altra anima “fainiana”, quella griffata Drd). Da quel punto in avanti, quella che possiamo definire l’elegia del sintetizzatore, pronta ad intrecciarsi con le percettibili e calibrate traiettorie melodiche degli strings e un inconfondibile pianoforte che sa entrarti dentro nota dopo nota, cede il passo inesorabilmente a drums, percussioni e basse frequenze che diventano ritmica pulsante come il senso della vita. Ed ecco che il tamburo s’inerpica – grazie alla complicità di riverberi e delay – su versanti finora inesplorati: è in questo momento che entrano in scena anche i convincenti giovani tamburini della Quintana di Ascoli, dopo l’indimenticabile esperienza al Festival di Sanremo. Il pubblico batte le mani, poi i piedi, a tempo. Fino all’esplosione coinvolgente della voglia di vivere, esplicita, con una autentica sublimazione di colori e suoni (come forse solo Dardust sa fare) a conclusione di un viaggio che, cavalcando suggestive immagini che valgono più di mille parole, ti scava dentro, fino a ritrovare se stessi. Con la pioggia finale di farfalle-coriandolo a chiudere il cerchio aperto oltre un’ora e mezza prima dal doveroso tributo iniziale al genio rossiniano, nato dalla collaborazione con l’Amat per questo evento fortemente voluto dal sindaco Fioravanti.
Poche ed emozionanti le parole, dal palco di piazza del Popolo, per un saluto a papà Adelmo che “è qui da qualche parte” e alla amata Ascoli, che contraccambia commossa. E che è profondamente orgogliosa di te, suo “figlio” Dario.