Sono 22 mila gli edifici censiti come inagibili dopo i terremoti del 2016 e 2017 per i quali non è ancora stata presentata né la richiesta, né la prenotazione del contributo, e che dunque rischiano di non poter beneficiare dei fondi pubblici per la ricostruzione se entro il 15 dicembre i proprietari non avanzeranno almeno la manifestazione di volontà a richiedere il contributo stesso. A sottolinearlo è la Struttura commissariale che fa capo a Giovanni Legnini, che proprio stamani ha scritto ai sindaci di oltre 500 Comuni nelle quattro regioni del cratere sismico 2016, invitandoli a prendere ogni iniziativa possibile per raggiungere i proprietari delle case inagibili che non hanno ancora fatto passi concreti per la ricostruzione. I cittadini che non hanno ancora presentato agli Uffici speciali regionali la richiesta di contributo insieme al progetto dell’intervento hanno, infatti, l’obbligo di trasmettere al commissario, in via telematica, una manifestazione di volontà a richiedere il contributo stesso, pena la sua decadenza, entro il prossimo 15 dicembre. Le manifestazioni di volontà a ricostruire già presentate sono, invece, 27 mila e riguardano 37.200 edifici, che si aggiungono ai 21.100 per i quali esiste già la richiesta di contributo, per un totale di 58.300 edifici, “un numero molto elevato ma ancora distante da quello degli edifici censiti come inagibili dopo il sisma, che erano 80.300”, evidenzia la Struttura commissariale.
Che aggiunge: “Sulla carta mancano dunque 22 mila edifici, e anche se molti di questi potrebbero non aver diritto al contributo, perché già all’epoca inutilizzati o collabenti, si è deciso di mantenere aperta la finestra per le prenotazioni fino a metà dicembre”. Degli oltre 22 mila immobili, 9.500 sono nelle Marche, 5.300 in Abruzzo, 4.400 in Umbria e 2.700 nel Lazio.
Nelle Marche, tuttavia, si registrano le percentuali più alte di contributi richiesti o prenotati rispetto al danno subito, con una “copertura” media del 79%, seguita dal Lazio con il 73%, l’Umbria con il 63%, l’Abruzzo con il 58,8%, a fronte di una media del 72,6% nelle quattro regioni colpite dal sisma.