di Luca Marcolini
Passerà alla storia come primo direttore generale dell’Azienda sanitaria territoriale di Ascoli. Ma, di certo, lascerà un buon ricordo anche per la sua competenza coniugata con la passione e la voglia di confrontarsi, senza paraocchi e barriere. Gettando, quando necessario, anche il cuore oltre l’ostacolo.
Nicoletta Natalini si proietta verso il futuro professionale in Emilia Romagna (per essere più vicina agli affetti familiari), con l’Ausl di Ferrara che l’accoglierà dal primo febbraio. E lo fa con un immancabile sorriso, ma forse, stavolta, anche con un leggero velo di tristezza per il suo commiato anticipato dal Piceno.
A lei va il merito di aver saputo dare, all’esordio della neonata azienda sanitaria autonoma del territorio ascolano, il necessario slancio, il giusto passo e la direzione corretta per una crescita parallela di professionalità e servizi. Il tutto con grande professionalità, ma anche affabilità e apertura al dialogo. Tanto da rivelarsi la persona giusta per preparare questa nuova creatura chiamata Ast di Ascoli, appena nata, a camminare con le proprie gambe. E per farlo, passo dopo passo, sempre più speditamente.
Una mano sapiente, la sua, che pensando in primis al cittadino-paziente e senza farsi condizionare da qualche critica non costruttiva e criticità, ha accompagnato l’Azienda sanitaria verso il primo, atteso, atto aziendale. Ovvero la “mission”, una sorta di bussola per procedere, in prospettiva, verso l’innalzamento della qualità.
Un costante lavoro che, grazie anche a una “squadra” di direzione compatta ed efficace, ha portato alla luce del sole risultati concreti, ma che rappresentano soltanto la parte più visibile di un impegno anche meticoloso quanto silenzioso per disegnare con attenzione tutta la programmazione tecnica – poi condivisa con le componenti territoriali – finalizzata a garantire ulteriori ricadute positive sui cittadini-pazienti a medio termine. Stavolta, nero su bianco, c’è una visione di quella che vuole e può essere, tempo e continuità permettendo, una sanità che piace. Senza nascondere sotto il tappeto – ma affrontandole – le criticità del quotidiano.
D’obbligo, prima dei saluti finali, due domande per scattare una fotografia di questo anno e mezzo dell’Ast targato Natalini.
Direttrice, quali sono i risultati, le attività o gli obiettivi raggiunti di cui va fiera a chiusura di questa esperienza professionale nel Piceno?
“In questo anno e mezzo abbiamo sicuramente lavorato molto all’interno dell’azienda, per il benessere dei dipendenti e per i loro diritti contrattuali. E credo che abbiamo recuperato tante cose che negli anni erano state lasciate un pochino indietro. Così come si è lavorato anche per i cittadini: abbiamo aumentato le prestazioni e anche la qualità. Credo anche che siamo riusciti a dare un’idea di azienda, di unità e di lavoro in rete. Questo è un aspetto su cui ho lavorato molto, sulla condivisione dei progetti: ne abbiamo aperti tanti, alcuni anche innovativi tra cui l’ospedale di comunità, abbiamo attivato l’o.s. a domicilio per l’aspetto socio-sanitario. Ne cito solo alcuni tra i più caratterizzanti.
Il rammarico, invece, è quello di non poter essere presente alla riapertura del reparto di Urologia ad Ascoli, per il quale abbiamo lavorato ma non siamo riusciti, per motivi tecnici, a definire tutto entro gennaio. Ma sarà inaugurato a febbraio: io non sarò qua, ma i cittadini ne beneficeranno. E poi c’è tutto il percorso chirurgico. Credo sia il percorso più importante su cui adesso c’è da lavorare. Non abbiamo risolto il problema delle liste d’attesa per l’aspetto ambulatoriale, ma ci abbiamo lavorato tanto per migliorare la situazione. E adesso bisogna fare altrettanto per le liste d’attesa chirurgiche. E anche le progettualità che abbiamo inserito nell’atto aziendale, come dicono i professionisti che svolgono attività chirurgiche, sono state predisposte proprio per sfruttare meglio le sale operatorie, la presenza degli anestesisti, la presenza di tutte le branche chirurgiche per dare ancora di più, con tutto quello che già abbiamo, nel minor tempo possibile e nel rispetto dei tempi d’attesa.
Credo di lasciare un treno in corsa, indirizzato su un binario ben oliato. E, quindi, chi vorrà salire su questo treno potrà davvero procedere, forse un po’ più velocemente di quello che ho dovuto fare io, essendo arrivata quando l’azienda non esisteva e abbiamo dovuto costruirla”.
Che cosa si porterà dietro di questa esperienza professionale nel Piceno?
“Dove vado a lavorare acquisisco sempre una competenza tecnica, perché ogni volta che mi confronto con i professionisti imparo qualcosa. Come credo di lasciare loro l’aspetto organizzativo e gestionale. L’altra cosa è che porterò con me, nel cuore, una grandissima accoglienza da parte delle persone e non solo dei dipendenti. Persone che mi hanno conosciuto e mi hanno voluto bene.
Le organizzazioni sindacali? Con qualcuno una stima reciproca c’è e, comunque, non è stato solo uno scontro. Quello che ho sempre detto è che ognuno svolge il proprio ruolo e il ruolo dei sindacati è quello di chiedere. Forse quello che non ho condiviso sono state le modalità. Ci si può trovare su posizioni diverse, ma è la modalità con cui ci si relaziona che fa la differenza”.