di Luca Marcolini
Carlo Paci, il decano dei giornalisti ascolani e marchigiani, ha riposto per sempre (nella vita terrena) la sua storica macchina da scrivere. Quella macchina con la quale, per decenni , ha raccontato Ascoli e le sue vicende con il suo stile inconfondibile e la sua grande esperienza di narratore arguto, puntuale, straordinario nel cogliere sempre il particolare in grado di fare la differenza tra il freddo cronista e il giornalista che sa anche dispensare emozioni e che infarcisce il resoconto di poesia.
Carlo Paci, per tanti giornalisti che hanno avuto l’onore di poter lavorare al suo fianco, è stato un maestro generoso, in grado di insegnare i trucchi del mestiere semplicemente con l’esempio e parole di conforto , di incoraggiamento , di stimolo ma anche di critica positiva, quella che fa crescere. La sua professionalità è stata ancor più valorizzata, nel corso della sua lunga carriera, dalla grande vena ironica che lo ha sempre contraddistinto nei rapporti e nell’approccio anche ai momenti più complicati e delicati della grande avventura che è il giornalismo. Lavorare al fianco di Carlo Paci, per tanti giornalisti delle giovani generazioni che hanno potuto apprezzare la fase più alta della sua carriera, è significato riuscire a cogliere quelle sfumature e quegli aspetti della professione che mai nessuna scuola o manuale avrebbero potuto insegnare. Tanti gli aneddoti, gli episodi curiosi e le prestigiose interviste ai più importanti e noti personaggi a livello nazionale per poi passare, senza problemi, a raccogliere con la stessa passione le notizie tra le strade dei quartieri. Perché la notizia, per gente come lui, era sempre la notizia. Sacra, così come il lettore e il suo diritto a sapere. Ad essere informato. E lui aveva lo spessore e le qualità del fuoriclasse della penna a livello nazionale, arrivando ad intervistare personaggi che hanno fatto la storia del Paese, dal presidenti della Repubblica Giovanni Leone a Spadolini, ad Andreotti, a Berlinguer, a uomini che hanno guidato l’Italia anche a livello culturale.
Carlo Paci, decano dei redattori marchigiani e tra i fondatori della scuola di giornalismo di Urbino, assieme all’allora rettore Carlo Bo, ci ha lasciato proprio in queste ore. Fu lui ad aprire nel 1957 la prima redazione ad Ascoli Piceno, del Messaggero. Nel 1967 divenne il primo giornalista professionista delle Marche, dopo aver lavorato per dieci anni come caposervizio senza esserlo. Tante soddisfazioni, ma anche tanti rischi, come quando gli piazzarono una bomba nel bagagliaio dell’auto. Tanti gli scoop, tanti i “buchi” rifilati ai colleghi delle altre testate, poi la seconda giovinezza alla “Gazzetta di AscolI”, testata edita nell’89 da Edizioni Locali e ora riesumata da noi nella versione online. Infine, il passaggio al Corriere Adriatico, sempre in prima linea e restando sul pezzo fino alla fine.
Caro Carlo, vogliamo ricordarti sempre così: un maestro che non ha mai potuto vivere senza quella straordinaria passione, il giornalismo, attraverso il quale ha raccontato e anche modificato, in un certo senso, la storia di Ascoli. E siamo certi che, ovunque tu sia, continuerai ad osservarci e a scrivere i tuoi inconfondibili articoli dispensando emozioni. Noi, invece, continueremo a seguire i tuoi preziosi insegnamenti.
Le nostre condoglianze vanno alla famiglia, alla moglie Liliana, alla figlia Cristina e ai due figli, i colleghi giornalisti Sandro e Mario che avranno il compito di portare avanti la “missione” dell’informazione ereditata dal padre.
Ciao Carlo… il tuo “coccodrillo” noi non l’avevamo preparato, volutamente. Contrariamente – solo per questa volta – a quanto ci avevi insegnato.