L’Arengo ha concluso tutte le verifiche sulle presunte irregolarità relative ai contributi di autonoma sistemazione post terremoto. E adesso per i casi gravi scatteranno le segnalazioni alla Procura. Dopo aver rilevato oltre 100 posizioni dubbie riguardo l’erogazione dei soldi per il disagio causato dall’inagibilità di abitazioni, gli uffici preposti hanno aperto la fase del confronto con tutti quei nuclei familiari chiamati a chiarire la loro posizione. E adesso, dopo la sospensione dei contributi, alcune famiglie sono state riammesse, mentre tante altre hanno subìto la revoca definitiva e per i casi più gravi, con possibili risvolti penali, le segnalazioni saranno inoltrate alla Guardia di finanza e alla Procura.
Il gran lavoro svolto sin da subito dagli uffici del settore Politiche sociali ha consentito, dunque, di stoppare già da qualche mese l’erogazione dei soldi a quei richiedenti che sono apparsi non legittimati ad ottenere il Cas. Per poi arrivare ad una richiesta di chiarimenti e ad un confronto che hanno consentito a chi poteva farlo di eliminare ogni sospetto, mentre per le posizioni risultate non in regola si è proseguito con la revoca e ora potrebbero esserci anche strascichi penali.
Le attente verifiche dell’Arengo, iniziate dopo le prime segnalazioni ed estese a tutto campo dopo le prime anomalie emerse, hanno portato sotto la lente d’ingrandimento circa 100 famiglie sfollate. Di conseguenza, sono subito scattate le procedure di sospensione del Cas. Si è, quindi, fotografato uno scenario nel quale risultano due tipologie di posizioni. Ci sono diverse famiglie per le quali le anomalie sono risultate evidenti, con l’impossibilità di riuscire a dimostrare il contrario. Ad esempio, c’è qualche caso in cui la richiesta per il contributo di sistemazione fa riferimento ad un’abitazione dichiarata inagibile che, in realtà, era abbandonata da due anni, come si è riusciti a verificare attraverso le utenze e i relativi consumi. Dichiarazioni, dunque, assolutamente false. Molte altre situazioni, invece, risultavano sospette – anche a seguito di controlli sui consumi delle utenze – e in alcuni casi sono state chiarite, documenti alla mano e attraverso i confronti. E alcuni, per confermare la propria buona fede o superficialità nell’autocertificazione, hanno chiesto spontaneamente di restituire, a rate, i soldi percepiti.