Nella zona industriale ascolano sono un centinaio i capannoni (o porzioni di essi) attualmente inutilizzati, di cui circa il 15% è in mano a curatori o amministratori per procedure fallimentari o simili. Per il resto, si tratta di beni che variano dalle piccole alle più grandi dimensioni e che sono vuoti perché non più necessari ai proprietari. Immobili che, magari sono stati messi in vendita attraverso agenzie, ma che da un po’ di tempo sono inutilizzati. E’ questo il quadro che emerge dal censimento predisposto da Piceno consind e fortemente voluto dal presidente, Domenico Procaccini, per cercare di andare a rivitalizzare tutte queste strutture prima di andare a consumare altre aree, sempre nell’ambito della zona industriale di competenza. In tal senso, l’obiettivo è di andare ad attivare, già dall’inizio del nuovo anno uno specifico portale a disposizione di aziende e potenziali acquirenti per poter facilitare insediamenti riutilizzando l’esistente. E anche per cerca di reindirizzare, come sottolinea lo stesso Procaccini, l’utilizzo dei capannoni anche privilegiando destinazioni produttive o direzionali rispetto ad ulteriori insediamenti commerciali. L’analisi effettuata da Piceno consind sulla disponibilità di immobili inutilizzati, si è conclusa con un dato eloquente. «Dall’analisi fatta – spiega il presidente Procaccini – risultano circa un centinaio di immobili inutilizzati interamente o per una parte. Di questi, circa il 15% è nelle mani di curatori o al Tribiunale per essere venduti all’asta a seguito di procedure fallimentari o simili. Per il resto, diversi di questi immobili sono in vendita attraverso agenzie, ma la situazione ristagna». Quel che emerge, dunque, è che è consistente il patrimonio di strutture in zona industriale non utilizzato che, però, non era finora a conoscenza delle potenziali aziende pronte ad investire.
«Per favorire l’eventuale insediamento di nuove attività – aggiunge Procaccini – è fondamentale creare una sinergia tra privati, associazioni di categoria e consorzio affinché si riattivino questi immobili, favorendo insediamenti senza consumare altro suolo. Ci sono grandi capannoni, come parte dell’ex Manuli, dell’ex B&B, di Artitalia, che non vengono più utilizzati, così come ci sono situazioni molto più piccole. E anche capanno dai 500 ai 1.000 metri quadrati. Ora andremo a verificare nel dettaglio tipologie e proprietà e capire con precisione quali sono in mano ai curatori, a che livello sono le pratiche, se ci sono aste in corso, se ci sono proprietari che sono intenzionati a vendere o se fanno riferimento a banche. Poi, dal nuovo anno, andremo a fornire un servizio a tutti gli interessati, dalle aziende ai potenziali investitori, su un apposito portale internet, in collaborazione con la Camera di commercio, con tutte le informazioni sui capannoni e costanti aggiornamenti. Vogliamo lavorare per recuperare quegli immobili, magari anche nell’ambito dell’Area di crisi complessa».