Sicurezza dei ponti nel Piceno, senza finanziamenti è quasi tutto fermo

A poco più di un anno dalla tragedia di Genova, con appelli alla sicurezza di ponti e viadotti e la necessità di finanziare, monitorare, intervenire per eliminare i rischi, lo scenario è sostanzialmente – a parte qualche iniziativa degli enti locali – lo stesso dell’agosto scorso.  L’attesa rincorsa alla sicurezza delle infrastrutture stradali segna ancora il passo. Qualcosa, come detto, si è mosso per qualche intervento-tampone sull’Ancaranese, per l’incarico delle verifiche su 9 strutture e per la decisione della Provincia di andare a realizzare un nuovo ponte nella zona di Venarotta. Ma tutto il resto, almeno a quanto emerso, è allo stesso punto in cui si trovava quel giorno tra fine agosto e settembre in cui, da Palazzo San Filippo, l’allora presidente D’Erasmo, sollecitato dal Ministero delle infrastrutture, inviò un faldone di documenti chiedendo 24 milioni totali per finanziare gli interventi prioritari, censimento dei 300 ponti nel Piceno, nuove barriere di sicurezza e monitoraggi approfonditi. Poi, una ventina di giorni dopo, lo stesso D’Erasmo aveva sollecitato i parlamentari locali per cercare di sbloccare almeno in parte i fondi richiesti.

 

Partendo dai dati di fatto e i provvedimenti già avviati dall’Amministrazione provinciale per la sicurezza dei ponti e dei viadotti piceni, le prime due verifiche erano state disposte addirittura nel febbraio 2018, quindi prima della tragedia di Genova, sui due ponti lungo la strada Ancaranese. Poi, nel successivo mese di agosto, grazie ad uno stanziamento complessivo dell’ente di 100.000 euro, le verifiche si estendono ad altri 7 ponti: 1 ad Ascoli lungo la provinciale 88 Valditronto, 2 sulla Mezzina, 2 ad Appignano, 1 a Venarotta e 1 a Rotella.  Vengono eseguiti monitoraggi con prove di carico, statiche e dinamiche e alla fine si ritengono necessari interventi di risanamento per un totale di 6,4 milioni di euro.  E il pacchetto di interventi da realizzare viene inserito nel faldone poi inviato al Mit. Altri 130.000 euro vengono, invece, stanziati successivamente da Palazzo San Filippo per la verifica sul raccordo dell’Ascoli-Mare (sopraelevata di Porto d’Ascoli), un’altra infrastruttura che secondo i tecnici meritava una verifica in tempi stretti per evitare di correre rischi. Una verifica era stata effettuata, inoltre, nel 2016, dopo il terremoto, sul viadotto sulla circonvallazione verso Porta Romana ad Ascoli. Ma, a parte questo, resta l’immane lavoro di dover controllare e censire tutti gli altri ponti, circa 300, presenti sul territorio provinciale. Con costi stimati in circa 3 milioni di euro e, quindi, proibitivi per l’ente provinciale.

 

Ma cosa conteneva, nel dettaglio,  il faldone della Provincia di Ascoli arrivato sul tavolo ministeriale? Innanzitutto, come detto, c’era la richiesta degli interventi per i 9 ponti da sistemare, essendo stati già monitorati dai tecnici provinciali. Per un importo di 6,4 milioni.  Inoltre, sempre tra la documentazione inoltrata al Ministero delle infrastrutture, era stata inserita l’ulteriore richiesta di 300 mila euro per avviare altri due monitoraggi ritenuti prioritari per la sopraelevata di Porto d’Ascoli e per la strada provinciale di Lisciano. Ma non finisce qui, perché per poter effettuare le attività di censimento e di ispezione primaria su tutti e 300 i ponti piceni, viene ipotizzato un costo da coprire pari a 3 milioni e 387 mila euro. Infine, vengono conteggiati 14 milioni di euro solo per per l’adeguamento normativo delle barriere di sicurezza dei viadotti. Ma è chiaro che, senza finanziamenti importanti a fronto di un conto davvero salato da pagare per eliminare realmente tutti i rischi diventa un’utopia.

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