In questa fase in cui l’incremento dei casi positivi anche nel Piceno ha fatto scattare un dibattito sui possibili provvedimenti da adottare soprattutto in riferimento a chi torna dall’estero, diventa necessario capire quali siano i margini di manovra per le varie istituzioni. Con la proroga al 15 ottobre dello stato emergenziale, resta in vigore quanto stabilito dall’articolo 1 del decreto-legge n.19 del 2020 che consente “l’adozione di una o più misure restrittive per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a 30 giorni, reiterabili e modificabili anche più volte, al fine di contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla diffusione del virus Covid19 su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso”. Ma chi è che può adottare queste misure? Il decreto specifica che possono essere il Presidente del consiglio dei ministri con apposito decreto qualora il provvedimento interessi il territorio nazionale o i singoli presidenti di Regione nel caso in cui riguardino esclusivamente un territorio regionale o parte di esso.
Al secondo comma 2 dell’articolo 1 del decreto si specifica che i sindaci “non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali”. Quindi eventuali ordinanze dei sindaci per disporre di misure restrittive o cautelative per chi rientri dall’estero diversamente da quanto attualmente previste dal Presidente del Consiglio non sono possibili andando in contrasto con le normative vigenti.
In parole povere, soltanto il premier Conte o il presidente della Regione Ceriscioli (in questo caso a fronte di motivazioni emergenziali relative al territorio marchigiano o parte di esso) potrebbero disporre provvedimenti come, ad esempio, imporre la quarantena a chi dovesse rientrare dall’estero nel territorio di competenza. I sindaci piceni come tutti gli altri, invece, non possono – stanno alla normativa vigente per l’emergenza – emettere ordinanze in tal senso.