“Sono diventati insostenibili i ritardi con cui lo Stato trasferisce le risorse al Fondo di solidarietà bilaterale dell’artigianato che le deve distribuire ai lavoratori dipendenti di imprese artigiane in cassa integrazione”. La Cna di Ascoli Piceno rinnova l’allarme per i ritardi burocratici e amministrativi che penalizzano soprattutto micro e piccole imprese e i lavoratori che a queste aziende fanno riferimento.
Il Fondo, che non è gestito dall’Inps, è stato costretto a smettere di erogare le integrazioni salariali per Covid-19 a partire dalla mensilità di maggio. Tanti piccoli imprenditori hanno cercato di aiutare economicamente i loro dipendenti nonostante le proprie difficoltà. Nelle imprese artigiane, nelle piccole imprese, infatti, s’instaurano dei rapporti umani che vanno al di là del rapporto di lavoro. “Gli imprenditori hanno fatto tutto il possibile per aiutare i propri collaboratori, ma non ce la fanno più – ribadiscono Luigi Passaretti e Francesco Balloni, presidente e direttore della Cna di Ascoli Piceno – e sono diventati davvero insostenibili i ritardi con cui lo Stato trasferisce le risorse al fondo che deve distribuire i sussidi”.
Da febbraio a maggio il Fondo di solidarietà bilaterale per l’artigianato ha erogato oltre un miliardo di Euro in tutte le Marche. Mancano all’appello altri 425 milioni di Euro e – come rileva la Cna – dalla Banca d’Italia ne sono in arrivo 375 per il periodo che va da maggio al 12 luglio. “Erogazione immediata – aggiunge il direttore della Cna di Ascoli, Francesco Balloni – perché le imprese artigiane sono allo stremo. E massimo impegno delle istituzioni per reperire gli altri 50 milioni di Euro che mancano, rispetto ai fondi in arrivo, per coprire tutte le indennità richieste”.
“Il ritardo di questa erogazione – precisa il presidente Passaretti – non dipende da Fsba che gira gli importi dovuti agli aventi diritto entro un massimo di 36 ore da quando li riceve dalla Banca d’Italia. Quindi è il resto della macchina burocratica che causa ritardi dannosissimi per imprese e famiglie”
E non è tutto. Precisa sempre la Cna Picena. Appello alle istituzioni perché servono altri1,6 miliardi di Euro per le prestazioni richiesta dai dipendenti delle imprese artigiane per arrivare dal 13 luglio a metà novembre. Fino al 12 luglio – dai dati elaborati dalla Cna di Ascoli – sono stati oltre 25mila i lavoratori che nelle Marche hanno usufruito della cassa integrazione artigiana. Di questi 2.300 sono nella provincia di Ascoli.
Ma anche la situazione per gli altri lavoratori dipendenti da imprese non artigiane è critica. Per i mesi di maggio e giugno le erogazioni, ad oggi, hanno coperto nel Piceno poco più del 20 per cento delle richieste totali di sostegno al reddito.
In base alle elaborazioni del Centro studi della Cna regionale delle Marche per la provincia di Ascoli, per contrastare gli effetti della pandemia Covid-19 una tipologia di misure cui le imprese (non artigiane) hanno fatto maggior ricorso è quella della Cassa integrazione guadagni in deroga per Covid. Le domande di CIG-C19 nelle Marche nel primo semestre 2020 sono state 16.161 e hanno riguardato 42.828 lavoratori, per un totale di 9 milioni 670 mila ore. Gran parte dei ricorsi si è verificato nel mese di marzo (36.656 lavoratori), per poi scendere notevolmente nei due mesi successivi (aprile 4.489 lavoratori, maggio 1.422), fino a quasi azzerarsi nel mese di giugno (165).
La provincia che ha fatto maggiormente ricorso alla CIG-C19 è stata Ancona con quasi 13mila lavoratori; seguono Macerata e Pesaro Urbino con oltre 9mila lavoratori, Ascoli Piceno con circa 6mila lavoratori e Fermo con oltre 4mila. Nel Piceno il ricorso alla CIG-C19 è stato prevalentemente femminile (il 60% circa dei ricorsi). Nove ricorsi su dieci (89%) sono provenuti dal macro-settore dei servizi, nella manifattura il 6% e il 4% nelle costruzioni.
Sempre nella provincia di Ascoli Piceno, nei servizi, il settore che ha fatto maggiormente ricorso alla cassa (sia ordinaria che artigiana) è stato il commercio (34% sul totale servizi), seguito dalla ristorazione e accoglienza (26% sul totale servizi). Fra questi il 63 per cento sono dipendenti donne e il 37 per cento dipendenti uomini.