Poco più di 300 Euro a famiglia per le spese alimentari “natalizie” dal 24 al 6 gennaio e 345 Euro per i regali. E’ questa la fotografia e la stima che la Cna di Ascoli ha fatto per quanto riguarda le festività del Piceno al tempo del Covid. Elaborando i dati della Cna nazionale e del Centro studi della Cna regionale delle Marche, l’Associazione territoriale stima che siano questi gli impegni economici – a consuntivo, ovviamente da verificare, alla data del 6 gennaio 2021 – degli abitanti della nostra provincia. “Sostegno alle imprese equivale ovviamente a sostegno al lavoro e al reddito – commenta Francesco Balloni, direttore delle Cna di Ascoli Piceno – quindi anche da questa finestra natalizia emergono chiari gli obiettivi che sarà necessario perseguire nel 2021 affinchè non si vada più di tanto né verso tragiche recessioni o effimeri rimbalzi ma verso un reale recupero del potere di acquisto delle persone. Un nuovo mercato che si avvalga di tutte le più moderne tecnologie per approdare però sempre di più al bello e al buono che c’è a un passo da casa nostra”.
Nel periodo natalizio dell’anno scorso – rileva sempre la Cna Picena – l’ammontare delle spese alimentari si potevano quantificare con una cifra vicina a 415 Euro a famiglia, ovvero circa il 26 per cento in più rispetto a questa festa in regime di pandemia. Reggono i prodotti locali, come lenticchia e zampone, flettono gli spumanti, crolla la vendita di “bollicine” d’Oltralpe. Mentre anche sul fronte dei regali il regime familiare fa sentire i suoi effetti: più 25 per cento i doni destinati agli under 14, più 6 per cento le famiglie che decideranno di non fare regali di alcun tipo. “La tipicità – aggiunge Luigi Passaretti, presidente della Cna di Ascoli Piceno – è un patrimonio che dobbiamo difendere per il futuro. E lo si deve fare promuovendo i nostri marchi e riuscendo a dare agli acquirenti il reale valore dei nostri prodotti dell’artigianato tipico e tradizionale”.
Dunque, rileva sempre la Cna, Picena, spazio principale per i cibi e le bevande tradizionali, come stabilisce anche un’indagine condotta in collaborazione da Cna Agroalimentare e Cna Turismo e Commercio. Questo prendendo in esame, e confrontandoli con quelli dello scorso Natale, i cinque tradizionali appuntamenti a tavola del periodo a cavallo tra fine 2020 e inizio 2021: Vigilia di Natale, Natale, Santo Stefano, San Silvestro, Capodanno. Un periodo che l’anno scorso in tutta Italia ha fatturato gastronomicamente oltre 4,5 miliardi. Il calo previsto, quindi, sarebbe di circa un quarto del totale raggiunto nel 2019/2020.
Ma costi a parte, che cosa si mangerà nelle festività? Di sicuro quest’anno si archivieranno definitivamente gli esotismi pre-crisi finanziaria, dal 2011 in poi, già ridottisi via via negli anni. Non solo nella giornata del 24 dicembre, tradizionale per antonomasia. I piatti della tradizione e della memoria, il valore della cucina della nonna, sono chiamati a cercare di creare un’atmosfera festiva che tutto sembra congiurare, se non ad annullare, a ridurre. Il menu di pesce è scelto da due famiglie su tre alla Vigilia di Natale con preferenze per le ricette povere, le specialità ittiche meno costose (ma non per questo meno buone) come il pesce azzurro a discapito dei molluschi e soprattutto dei crostacei. Generalmente in tutta la penisola ma nel Piceno in particolare prevale il cosiddetto menu di magro.
Calano a livello nazionale le vendite di alcuni dei cibi più tipici del periodo: contenuta la diminuzione di panettoni e pandori (con pasticcerie e laboratori artigiani a tenere meglio le posizioni), in linea zamponi e cotechini, in più decisa discesa le vendite di “bollicine”. Per gli spumanti la previsione è di un meno 20 per cento rispetto all’anno scorso, mentre per champagne e affini la riduzione viaggia a una percentuale più che doppia.