Allarme della Cna di Ascoli per l’occupazione nel Piceno. Dicembre 2020 ha confermato un mercato del lavoro piatto nelle imprese artigiane e commerciali, micro e piccole, registrando un crollo delle assunzioni e un forte arretramento delle cessazioni, frutto rispettivamente della crisi economica e dei provvedimenti governativi, dal divieto di licenziamento al massiccio riscorso alla Cassa integrazione guadagni. La conseguenza di questo combinato disposto è un calo del 2 per cento nell’occupazione tra le piccole imprese, esattamente come si era verificato a dicembre 2019. Ma con un’importante differenza: mentre nell’ultimo anno l’incremento tendenziale dell’occupazione si è fermato allo 0,2 per cento, tra dicembre 2018 e dicembre 2019 la crescita era stata del 2 per cento, sia pure già in frenata dalla fiducia in rallentamento sul futuro dell’economia. “La situazione di stasi, quasi di congelamento – precisa Francesco Balloni, direttore della Cna di Ascoli Piceno – sta evitando l’emorragia occupazionale. Ma non è purtroppo un dato reale, se analizzato in prospettiva. Nell’emergenza che continua è fondamentale mantenere e rafforzare i sostegno alle imprese affinché non siano costrette a disperdere il loro capitale umano. Ovvero il saper fare delle nostre micro e piccole imprese. Ma visto che l’emergenza, come ci auguriamo tutti, non durerà per sempre, la differenza starà nelle politiche attive del lavoro e della formazione che i territori riusciranno a mettere in campo”.
Questo è quanto emerge dall’Osservatorio lavoro della Cna, e riportato in percentuale per la provincia di Ascoli Piceno, curato dal Centro studi della Confederazione, che analizza le tendenze dell’occupazione nelle imprese artigiane, micro e piccole dal dicembre 2014, all’inizio della stagione di riforme che ha profondamente modificato il mercato del lavoro italiano.
In apparenza, sottolinea la Cna Picena, l’andamento di dicembre 2020 non si discosta dai dicembre precedenti. L’l’ultimo mese dell’anno si caratterizza da tempo come un periodo di ripiegamento dell’occupazione in quanto molti rapporti di lavoro giungono a scadenza e il numero di cessazioni supera abbondantemente quello delle attivazioni di nuovi contratti. Se il risultato finale differisce poco dall’andamento consueto, quindi, è la sua strutturazione che ci fa lanciare l’allarme. A dicembre scorso infatti le assunzioni sono scese del 30,5 per cento mentre le cessazioni sono diminuite del 13,5 per cento.
In rapporto all’occupazione, comunque, sia le assunzioni sia le cessazioni hanno registrato il valore più basso nella serie storica dell’Osservatorio confermando sostanzialmente la temporanea fine dell’avvicendamento lavorativo, risultato del clima di timorosa attesa nella quale tutti, e quindi anche gli imprenditori, vivono. La crisi, sanitaria e socio-economica, non ha invertito, comunque, una tendenza che sembra inesorabile: il calo dei contratti a tempo indeterminato. La disaggregazione dell’occupazione nelle imprese artigiane, micro e piccole mostra che a fine 2020 la quota di questi contratti sul totale era calata al 55,2 per cento (contro l’86,1 per cento del dicembre 2014) a fronte del 29,4 per cento dei contratti a tempo determinato (+23,8 per cento in sei anni esatti), al 12,4 per cento dell’apprendistato (+6,6) e al 3 per cento del lavoro intermittente (+0,5).