Mostra (2)Conferenza stampa mostra Giuliani a RomaE’ stata presentata e inaugurata questa mattina a Roma “Armonie di pietra. Il paesaggio delle Marche nelle sculture di Giuliano Giuliani”. Si tratta di una mostra promossa dalla Regione Marche, dal Comune di Ascoli Piceno e dal Parco archeologico del Colosseo per raccontare la regione attraverso le opere dell’artista ascolano Giuliano Giuliani. La mostra avrà due sedi: a Roma a partire dal 15 ottobre 2022 fino all’8 gennaio 2023 è ospitata al Parco archeologico del Colosseo, cuore pulsante dell’antica Roma ed è curata da Daniele Fortuna; ad Ascoli Piceno dal 7 aprile al 28 giugno 2023 presso il Chiostro di Sant’Agostino con la curatela di Carlo Bachetti Doria. A Roma, il percorso espositivo, composto da 20 opere in travertino dell’artista scultore marchigiano Giuliano Giuliani, si snoda dalla Basilica Emilia alla Basilica Giulia passando per la piazza del Foro Romano e attraversando alcuni tra gli edifici più importanti di quello che era il centro politico, amministrativo, religioso, giudiziario e commerciale della città. “La Regione Marche – afferma l’Assessore alla Cultura Giorgia Latini – compartecipa ogni anno alla realizzazione di alcuni eventi espositivi di particolare rilievo per valorizzare e promuovere le peculiarità del nostro patrimonio artistico e i numerosi artisti marchigiani, che ben ci rappresentano a livello nazionale ed internazionale, facendo conoscere anche le molteplici e originali espressioni dell’arte contemporanea presenti nel nostro territorio. Le sculture di Giuliano Giuliani esprimono in particolare tratti formali e teorici che corrispondono al paesaggio e alle caratteristiche immateriali e materiali delle Marche. In effetti si rintraccia nel rigore del suo lavoro una certa spinta all’interiorità, tipica dello spirito marchigiano, mentre il travertino richiama ad una delle identità specifiche dell’ascolano e non solo. Quello che ne viene fuori sono corpi pieni e compatti ma anche depressioni d’ombra che diventano parte integrante dell’espressività dell’opera.” “Due città antiche e ancorate nella storia, collegate da un filo sottile scolpito nel travertino. Con questa idea nasce la mostra” – interviene Marco Fioravanti Sindaco di Ascoli Piceno – “che unisce i tesori unici della Capitale alle bellezze artistico-architettoniche di Ascoli Piceno. Il travertino, duraturo e resistente, utilizzato dall’artista Giuliano Giuliani per le sue splendide opere, ricorda lo spirito di resilienza del popolo Piceno e marchigiano: colpito da un’annosa crisi economica, messo in ginocchio dal terribile sisma del 2016, dall’emergenza Covid e adesso anche da una forte alluvione nel nord della regione, ma incapace di arrendersi e sempre pronto a rialzarsi e a guardare avanti con fiducia e ottimismo. Sono fiero e orgoglioso che una mostra così importante faccia tappa a Roma e poi nella città di Ascoli Piceno, grazie a un sinergico e proficuo lavoro con la Regione Marche e il Parco Archeologico del Colosseo. E allora non resta che invitare tutti a visitare una mostra che, sono convinto, non deluderà attese e aspettative di curiosi, appassionati e addetti ai lavori.” Alfonsina Russo, Direttore del Parco Archeologico del Colosseo dichiara: “La regione Marche è una terra tesoro del nostro del Paese, la cui bellezza rifulge nelle opere di Giuliano Giuliani, lo scultore marchigiano che conferisce al travertino la stessa morbidezza e omogeneità delle colline e dei paesaggi della sua regione di origine. Ma il travertino fa parte anche della storia di Roma e dei suoi monumenti, come il Colosseo. Così, quale luogo migliore per accogliere le sculture di Giuliani, in un momento tra l’altro così difficile per una terra che sta facendo i conti con le calamità naturali che vi si sono abbattute? Nella speranza che, attraverso la bellezza delle opere in mostra così rappresentative delle Marche, giunga tutta la nostra vicinanza alla popolazione così terribilmente colpita”. Giuliano Giuliani, scultore del bianco, nasce ad Ascoli Piceno, luogo natìo non solo della sua arte ma anche del materiale di cui si serve per crearla: il travertino, ovvero la roccia sedimentaria calcarea che, per le sue caratteristiche di resistenza e durata nel tempo, è stata la pietra elettiva dell’architettura romana. Lo scultore estrae direttamente dal grembo delle Marche la pietra e la lavora nella cava di famiglia a Colle San Marco, oggi trasformata nel suo studio a cielo aperto. Quelle stesse opere che sembrano dialogare con l’essenza del paesaggio marchigiano sono ora chiamate a confrontarsi con la storia della civiltà, nel nome di quella pietra che è l’essenza della materia del passato, proprio nell’area centrale del Foro Romano: lacerti di travertino affiorano dai resti della Basilica Emilia; nella piazza del Foro sono ancora visibili i lastroni in lapis Tiburtinus – estratto dalle cave di Tivoli – della pavimentazione antica; della stessa pietra sono i gradini della Basilica Giulia. Le forme morbide e fluttuanti delle sculture entrano in dialogo con le monumentali architetture romane, creando un fil rouge tra archeologia e arte contemporanea e introducendo suggestioni e riflessioni inedite sulla memoria e sul tempo. Allo stesso tempo le sculture di Giuliani rappresentano veri e propri luoghi della sua terra: esprimono tratti formali e teorici che corrispondono al paesaggio e alle caratteristiche immateriali della regione Marche, all’interiorità che si esprime nel rigore del suo lavoro. Quello che ne viene fuori sono corpi pieni e compatti ma anche depressioni d’ombra che diventano parte integrante dell’espressività dell’opera: le armonie di pietra sono come rovine che l’artista – guidato dalla materia della sua terra e dal flusso del tempo – riporta alla luce ricercando le radici della civiltà e del nostro essere. “La caratteristica del mio lavoro è che si nutre di una diretta e personale manualità e di un fare per sottrazione dal blocco intero” – racconta Giuliano Giuliani – “l’uso del travertino, la più sacra tra le pietre, materiale arcaico e assoluto del mio lavoro, contribuisce a mantenere e inserire forme contemporanee in luoghi diversificati, sia in ambito archeologico sia in ambito urbano moderno. È un fare generato da una necessità di essenziale, un togliere il superfluo, “fare spazio” per lasciare il risultato: segno di definizione alla restante fragilità; senso di valore alla leggerezza; ovvero spiritualità”

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