Ascoli Perugia

Riflessioni di Armando Falcioni

Parto da metà del secondo tempo di Ascoli- Brescia del 1 aprile scorso. Era il 67’,mi pare, e su Ascoli cominciavano le prime avvisaglie di una primavera vestita di autunno , riconoscibili quando nuvole solitarie ed irriverenti ballano tra le Piagge e Palombare, violentando l’accecante verde del San Marco. In quel mentre, con il risultato ancora in bilico e con l’Ascoli sotto di un uomo, un volo d’angelo di Leali a mezza altezza sulla propria sinistra andò a ricacciare la palla su di una incornata di tal Jallow.

Ma non è stato solo il gesto atletico di quel portiere che rimane a mezza altezza, sospeso per aria, sfidando le elementari leggi di gravità, non è solo la malinconia di avere rivisto quell’imperioso gesto atletico alla pari di quella immagine su quelle bustine azzurre della “Panini” degli anni settanta, quando le scovavi in quell’esercizio sul trivio Rua Centini Piccolomini-Rua Malaspina – Corso Mazzini, tre gradini, un pavimento di legno e degli indimenticabili odori di matite, quaderni e gomme per cancellare.

No, quello di Leali è stato anche lo spartiacque, in quel momento del campionato divenuto balbettante, tra avventura calcistica terrena in un campionato di cadetteria e l’Averno della terza divisione, tra il calduccio di casa ed il baratro.

La vittoria arrivata poi in quell’aprile che apriva il suo sipario, ha aperto gli occhi sui pericoli che potevano arrivare poi ed ha sfiancato quell’ardore pugnace tipico del popolo piceno.

Ecco perché neppure il pensiero di “colui che per viltade fece il gran rifiuto”, ovvero quell’allenatore che osò snobbare questa millenaria terra ed il blasone calcistico che si porta dietro, trasformando allora un estemporaneo e speranzoso viaggio di Pulcinelli in una gita al mare ad Ibiza, ha stimolato l’Ascoli ed il carico di aneliti che, con uno sguardo allo stretto tra Scilla e Cariddi, si portava dietro.

Neppure l’inviso Inzaghi, che arditamente paragono a Celestino V, l’unico papa della storia che rinunciò al soglio pontificio, così come definito dal Poeta nel III canto dell’Inferno ( non certo paragonabile a quello indotto dell’immenso Ratzinger), ha riesumato quell’ardimento che conoscevamo, noi che abbiamo combattuto parimenti con Roma ai tempi delle genti italiche.

Dopo quel volo d’angelo di Leali l’Ascoli ha pensato al posto fisso. Abbandonati ardori pugnaci, perduta quella spinta tutta Nietzchiana di andare oltre il bene ed il male, di superare schemi mentali, di osare, di seguire il mito della squadra- guerriero, da quel primo aprile ci si è seduti su quell’altro sogno, tutto provinciale, che abita da sempre in quei piccoli capoluoghi chiaramente a vocazione amministrativa, dove il settore impiegatizio impera e spesso diventa un motivo di vita.

Già, l’Ascoli da quell’affaccio di primavera, divenuto poi un autunno gravido, ha pensato più al posto fisso della serie B, a tenerlo buono e caldo per la prossima stagione, invece di osare avventure dai risvolti imprevedibili e pericolosi.

Alla faccia dell’operaio- soldato vaticinato da Jünger, sul quale avremmo volentieri trasmigrato il calciatore guerriero a strisce verticali bianche nere, abbiamo scoperto il grigio travet che pensa di conservare scrivania, sedia, schermo di computer con le certezze di una vita forse monotona ma sicura, senza acuti ma scevri da rischi e scivoloni.

Si è chiuso così, alle 22,53 di un giorno di maggio vestito di novembre, l’ennesimo capitolo , il 125 °, di questa enciclopedia smisurata di una società dove sono raccolti foto, volti, palloni vaganti, salvataggi sulla linea, tribune traboccanti, curve immense e danzanti, arbitri cornuti, promozioni impensate, lacrime amare, torri gentilizie che graffiano il cielo imbandierate di bianco e nero.

L’Ascoli, abbandonati elmo e spada necessari per avventura e gloria, forse anche per innegabili limiti e mostrando clemenza pure per chi “ fece il gran rifiuto”, ha serenamente timbrato il proprio cartellino da impiegato, esce a testa bassa dal solito ufficio con il vestito buono e la cartella sotto il braccio.

Riprende la strada di casa. Come sempre. In fondo una vita senza acuti, ripetitiva, fors’anche alienante, ma che garantisce il pomeriggio libero, sabati e domeniche sul divano e quest’estate pure un mese al mare.

Appunto, allora perché cercare un ‘avventura contro il Carneade Sud Tirol quando hai la pensione certa ed un bel trattamento di fine rapporto.  Sapete cosa dico: “Chi vive secondo misura non tema il suo destino”, riprendendo e riadattando una grande massima nata dall’immarcescibile filosofia greca.

Ed allora consapevoli della nostra dimensione, rallegriamoci di questo campionato. Quindi, parafrasando il Vate D’Annunzio: chissenefrega di Pippo Inzaghi, viva il posto fisso, viva la cadetteria e Forza Picchio.

Si ritimbra il cartellino a settembre. Godiamoci le ferie.

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