Armando Falcioni

Armando Falcioni, già apprezzato sindaco per anni a Maltignano, dopo il voto e l’addio al posto da primo cittadino ha voluto scrivere qualcosa su quella che egli stesso definisce una “missione civile”. Ecco il suo intervento.

“Chi vive secondo misura non tema il destino”. Quella massima di Aristotele, un po’ riadattata, ha campeggiato sopra la mia testa per anni. Era su quelle cornici che si mettono alla meno peggio, di poco pregio, quando il contorno è superfluo perché è il contenuto che importa. L’ho tolta l’altro ieri dal mio ufficio del comune, insieme a tutti quegli effetti personali che guardavo e riguardavo quando in quell’ufficio, che era diventata una seconda casa, i dolori prevalevano sulle gioie, le notti insonni sui successi, le preoccupazioni più dei traguardi raggiunti.

Riguardavo, appunto, le copertine dei libri che ho scritto, la foto di famiglia, noi sorridenti, quando i ragazzi li tenevamo ancora in braccio, un piccolo sunto dei miei sessant’anni anch’esso incorniciato, ritagli di giornale alla mia prima elezione, la targa dei miei consiglieri comunali. A fianco il gonfalone del comune, che ogni tanto svolazzava quando le finestre erano aperte.
Se non fosse Aristotele ed il suo insegnamento forse oggi starei male. Ogni distacco è doloroso, ci sono poi quelli quando ti viene a mancare una cosa che sentivi tua, troppo tua. Perché per venti anni ho indossato la fascia che non è stata una ostentazione di potere, un grado gerarchico ma un tarlo mentale, un indumento che non ti sei tolto mai, è un modo di vivere, te la senti addosso giorno e notte, che tu sia in vacanza o al lavoro, a Natale o Pasqua.
Ma senza immodestia, mi vanto di averla indossata con quel senso della misura consigliata dal maestro greco, senza clamori, senza titoloni, senza arroganza, senza che tu sia tanto inopportuno da farla pesare agli altri; l’ho fatto solo agli affetti più cari cui ho tolto tempo per un bacio o una attenzione in più e soprattutto, talvolta, senza la giusta concentrazione per farlo.
E con lo stesso senso della misura mi congedo da questo distacco, sperando nel giudizio sull’uomo che c’è stato dietro una fascia. E lo faccio ringraziando tutti coloro che in questi anni hanno contribuito perché questa fosse la missione civile più coinvolgente del mondo : cittadini, i vecchi consiglieri e gli aspiranti tali di questa tornata, dipendenti e collaboratori, da chi ha speso la faccia per me, da coloro che ti hanno veramente voluto bene, e te ne vogliono ancora a prescindere dal ruolo, a quelli che te hanno voluto solo per il ruolo, fino ai perenni postulanti che ora non ti conoscono già più; perché quando la vita ha raggiunto il picco più alto, e se prende la discesa, accelera forte e dovresti essere pronto a tutto, qualche giravolta ti sorprende ancora.
Ma senza rammarico, appunto; per i miei lustri debbo essere consapevole che dopo l’altare può arrivare altro . E senza il senno di poi : se avessi pensato meno alle cause degli anni ottanta e più ad una bevuta, se non avessi cercato di abbassare le tasse e fare invece una festa in pubblica piazza, se non avessi pensato a far arrivare milioni di fondi e puntare solo ad una pacca sulla spalla, se avessi suonato più campanelli invece di essere chiuso in municipio, talvolta a far di conto per quadrare i bilanci, se avessi sperperato per fare tutti contenti e fregati.
No, rifarei tutto. Primo perché una certa politica è come il coraggio di Don Abbondio, se uno non ce l’ha nell’anima non la può inventare. Poi perché un amministratore pubblico è tenuto a servire la sua cittadinanza con coscienza, serietà, onestà e senso della misura anche quando non è apparso a sufficienza, e se lo ha fatto, non lo ha saputo fare.
Ma, appunto, se esco in silenzio, senza rimpianti, rammarichi, musi lunghi o strali vari, è perché quel quadro dell’ufficio del Sindaco che mi ha accompagnato per anni forse, in questo momento, non mi fa temere, anzi tutt’altro, il destino che mi aspetta”.

Armando Falcioni

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