Terremoto, rischio svuotamento degli edifici pubblici in centro

Il terremoto apre un altro scenario tutto da definire per il futuro dei palazzi storici, quindi in centro, con destinazione pubblica. Come evidenziato e stabilito dall’ultima ordinanza del commissario straordinario Errani, infatti, c’è ora anche il dilemma che riguarda il futuro degli edifici che non possono essere sottoposti ad adeguamenti sismici. Un problema che, di fatto, coinvolge tutti (o quasi) gli uffici comunali e quelli provinciali e che apre una riflessione sulle scelte che ora gli enti locali saranno chiamati a fare. Il dubbio amletico, di fatto, riguarda l’indirizzo chiaramente emerso da tutta la normativa post-sisma che spinge fortemente, con tanto di finanziamenti per la ricostruzione, verso il futuro utilizzo di immobili ad uso pubblico e di servizi, esclusivamente di strutture antisismiche. E allora ecco che anche in questo caso Arengo e Provincia si ritrovano ad un bivio: che fare di edifici come lo storico Palazzo dei Capitani, Palazzo Arengo, così come Palazzo San Filippo (che in parte è stato anche venduto alla società statale Invimit)? In gioco c’è anche la responsabilità diretta su certe strutture non adeguate in caso di futuri scenari sismici (sperando restino solo teorici).

 

Ad inchiodare anche gli enti locali, spingendoli verso l’adeguamento sismico di tutte le strutture pubbliche e ad uso pubblico, è proprio il decreto legge che attribuisce agli Uffici speciali per la ricostruzione la diretta attuazione degli interventi di ripristino o ricostruzione di opere pubbliche beni culturali. Nella normativa in questione, infatti, si definisce la concessione di contributi a favore di “immobili adibiti ad uso scolastico o educativo pubblici o paritari per la prima infanzia e delle strutture edilizie universitarie, nonché degli edifici municipali, delle caserme in uso all’amministrazione della difesa e degli immobili demaniali o di proprietà di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, formalmente dichiarati di interesse storico-artistico”. E adesso, connesse a questa normativa di base, si andranno ad innestare tutte le ordinanze per sbloccare i finanziamenti della ricostruzione nella direzione della massima garanzia di sicurezza, ovvero verso gli adeguamenti sismici. Della serie, “supportiamo chi si adegua, chi non adegua se ne assume la responsabilità”. Anche se, ovviamente, in questo modo si mettono in grande difficoltà gli enti locali, già in affanno per l’ordinaria amministrazione, mettendoli di fronte ad uno scenario sicuramente difficile da cambiare dall’oggi al domani.

 

La grande questione dell’adeguamento della città alle esigenze di contrastare gli effetti del terremoto pone fortemente in difficoltà le Amministrazioni locali e anche le altre strutture pubbliche che si trovino all’interno di palazzi non adeguabili sismicamente. E parliamo anche di pezzi di storia della città che vengono utilizzati tutti i giorni per funzioni istituzionali e servizi pubblici. Basti pensare allo stesso Palazzo dei Capitani, che ospita l’assessorato alla cultura, ma anche le sedute del consiglio comunale, convegni e altre iniziative. O addirittura a Palazzo Arengo, dove si trovano le stanze dei bottoni e praticamente quasi tutti gli uffici e assessorati comunali. Palazzi che, stando alle normative, non risulterebbero quasi sicuramente adeguabili in base alle norme antisismiche. E che, quindi, non potranno mai essere allineati alle misure di sicurezza previste per garantire la massima sicurezza. Stessa cosa per Palazzo San Filippo che ospita gli uffici provinciali. In altre parole, tutti i palazzi del centro storico ad uso pubblico o istituzionale, quindi con alta frequentazione o presenza di persone, rischiano di dover essere svuotati per evitare problemi in caso di terremoto. Un principio che, però, rischia nel tempo di andare ad accentuare un processo di svuotamento del centro storico già in atto.

La strategia che arriva dall’Ufficio ricostruzione, in tale direzione, è chiara e inequivocabile: al primo posto c’è la sicurezza e, quindi, l’adeguamento sismico. Un adeguamento sismico che, però, cozza con i vincoli di rispetto storico e monumentale che sono anche costituiti e rafforzati dalle normative dello stesso Piano Secchi per quel che riguarda i centro storico. Con gli interventi di recupero del cuore della città che non possono essere allineati alle direttive complessive degli adeguamenti sismici. Altro aspetto evidenziato dallo stesso Ufficio ricostruzione è quello dell’eccessiva onerosità degli interventi di adeguamento sismico per certi edifici. Ovvero, se per l’adeguamento si supera un costo di 1500 euro al metro quadrato, ecco che si privilegia l’eventuale trasferimento dei servizi e funzioni in essere in quell’edificio. E, quindi, il rischio è quello di andare a svuotare proprio quei contenitori storici delle principali attività cittadine. In altre parole, un problema nel problema, con la sicurezza che, dopo anni di indifferenza, adesso sembra assumere la massima rilevanza rispetto a tutto il resto.

 

 

 

 

Condividi:
Share Post
Written by

Direttore responsabile della Gazzetta di Ascoli Giornalista professionista e scrittore

No comments

LEAVE A COMMENT

Don`t copy text!