Una crisi stringente quasi fino a strangolare l’economia e il territorio, seguita da un terremoto che ha ferito le imprese e la gente di Ascoli e del Piceno, con effetti ancora tutti da definire nella loro misurazione definitiva ed effettiva. Ma con un dato molto significativo – elaborato dal sito tuttitalia.it – per quel che riguarda il risvolto occupazione: l’indice di ricambio della popolazione attiva ad Ascoli, nel 2016, è stato pari al 140,6, a conferma che la popolazione in età lavorativa è molto anziana. E a conferma che nel capoluogo piceno c’è poco spazio lavorativo per i giovani, considerando che più il dato è superiore a 100 e più si alza l’età delle persone ancora al lavoro.
In questo scenario, inoltre, si cala il nuovo studio statistico della Regione Marche, appena partorito, che va a scattare una fotografia dello stato delle imprese ascolane (nel quadro più generale di tutto il territorio marchigiano) alla fine del 2016. Un quadro freddo, basato sui numeri più che sul clima di preoccupazione e di incertezza, che comunque serve a capire quale sia il tessuto economico attuale nel Piceno nel dettaglio, con un sistema che, nonostante tutto, resta ancora in equilibrio tra imprese che nascono e imprese che muoiono, con 20.899 aziende ancora attive, malgrado le gravi difficoltà, di cui la stragrande maggioranza (19.916) è composta dalle microaziende.
Le imprese attive
Le aziende della provincia ascolana resistono, reggono l’urto nonostante tutto, nonostante la sofferenza. Ma questo è quanto dicono i numeri, con 20.899 imprese attive – in base alla statistica della Regione Marche appena pubblicata, ma riferita a tutto il 2016 – che nascondono, in realtà, un aspetto: quello del ricambio continuo, con le chiusure pesanti che vengono riequilibrate dalla reazione di chi vuole invece riprovarci dopo aver perso magari il posto di lavoro. Di chi punta sulla partita iva e crea quelle piccole imprese che in molti casi sono le imprese della speranza, della voglia di restare vivi. E di questo va tenuto conto, nell’analisi del dato, per una lettura corretta che non deve dare il senso di una sostanziale tenuta, ma soprattutto di un costante ricambio che mantiene intatti i numeri dando alla statistica il freddo compito di registrare la presenza, ma non la sofferenza. E di queste 20.899 imprese picene, 5.886 sono imprese artigiane.
L’addio alle grandi aziende
Il segnale inequivocabile che riescono a dare, a confermare anche i numeri, è proprio quello dell’addio alle grandi aziende, alle multinazionali, per fare spazio sempre più alle microimprese, al piccolo imprenditore che si rimbocca le maniche o all’ex dipendente che, perso il lavoro, indossa gli abiti del piccolo imprenditore e ci prova. Prova a reinventarsi e va a colmare il buco statistico lasciato da chi non ce l’ha fatta. Basta guardare le percentuali delle tipologie di imprese attive per capire tutto: il 62% è costituito da imprese individuali, con il 19% di società di capitale, il 17% di società di persone e il 2% di altre forme societarie.
L’impresa è micro
L’impresa ascolana e picena è soprattutto quella micro, quella in miniatura con una grandissima prevalenza delle ditte individuali, delle classiche partite iva, o con dipendenti che sono un massimo di 9. Il numero è eloquente: 19.916 micro- imprese tra 0 e 9 addetti su un totale di 20.899 aziende. Numeri che scendono nettamente quando già si sale alla fascia tra i 10 e i 49 addetti: 898 piccole imprese. E si va verso drasticamente verso il vuoto statistico man mano che si sale come dimensioni aziendali: solo 78 le medie imprese ovvero quelle da 50 a 249 addetti, mentre si scende a solo 7 grandi aziende ovvero quelle da 250 addetti in su. Un ritratto inequivocabile su quale sia l’impresa-tipo della provincia ascolana, con tutto quel che ne consegue per quel che riguarda gli effetti a livello occupazionale.
Saldo zero
L’aspetto che maggiormente inganna, a livello statistico, in relazione allo stato di salute delle aziende ascolane è quello relativo al tasso di crescita. Un tasso che, per il Piceno, corrisponde a zero. Nel senso che imprese che nascono e imprese che muoiono si equivalgono, secondo il dato 2016. E questo succede solo nel Piceno, a fronte di cali in tutte le altre province, con il picco massimo dello 0,6 di decrescita a Fermo.
Ma si tratta, come detto, di un dato ingannevole perché, in realtà, non rappresenta un segnale di conferma e consolidamento delle imprese picene esistenti, bensì di una grande voglia di reagire, con la creazione di sempre nuove micro-imprese e ditte individuali rispetto alle costanti chiusure che vengono registrate. Quello zero, insomma, è garantito dal fenomeno del costante ricambio. Un modo per dire che il territorio non si abbatte e prova a reagire: 5,4% come tasso di nuove iscrizioni di imprese, 5,4% come tasso di cessazioni.
Ed è da qui che, tra terremoto e promesse agevolazioni, tra aree di crisi e annunciati sostegni, il territorio ascolano si è trovato a ripartire in questo 2017 ancora pieno di incertezze e di difficoltà ma altrettanto contrassegnato dalla voglia di reagire a tutti i costi. E non solo per le statistiche.